Inceneritore si o no?

PERCHE’ ROMA NON PUO’ RINUNCIARE ALL’INCENERITORE

 

I problemi di Roma con i rifiuti urbani iniziano il 1 ottobre del 2013 con la chiusura della discarica di Malagrotta. Subito dopo la chiusura è stato del tutto evidente che la politica si era completamente dimenticata di programmare in tempo una strategia alternativa efficace.

Eppure le soluzioni possibili erano evidenti. Lo dimostravano i numerosissimi modelli ed esperienze estere di gestione dei rifiuti urbani e, incredibile ma vero, anche le numerose esperienze in Italia del nord.

L’unica strategia adottata è stata quella dell’annuncio di improbabili obiettivi di RD, mai lontanamente raggiunti, e sul parziale trattamento dei rifiuti indifferenziati negli impianti TMB, trascurando di fatto la fase di smaltimento necessaria alla chiusura del ciclo.

Gli impianti di pretrattamento TMB hanno una giustificazione tecnica qualora i loro prodotti (FOS e CDR/CSS) vengano inviati rispettivamente ad una discarica e ad un inceneritore. Cosa peraltro che è regolarmente avvenuta e che avviene tuttora, solo che le discariche e gli inceneritori utilizzati sono quelli operativi fuori regione, in Italia e all’estero. Si è generato così un paradosso ideologico: a casa propria per motivi ambientali e sociali sono state ritenute dannose le discariche e gli inceneritori ma lo stesso atteggiamento non valeva a casa degli altri.

In realtà gli impianti TMB, operativi nel comune di Roma, hanno avuto il solo scopo di trasformare parte dei rifiuti urbani indifferenziati in rifiuti speciali con l’unico obiettivo di svincolarli dall’obbligo del loro trattamento in ambito territoriale ottimale (applicabile ai rifiuti urbani) per permettere l’invio in altre regioni italiane o all’estero, possibilità prevista invece per i rifiuti speciali.

Questa possibilità è attualmente messa in discussione dal principio di autosufficienza e prossimità, disposto dall’art. 182 bis del d.lgs. 152/06, che applicato ai rifiuti speciali provenienti dai TMB prevede che il loro trattamento e smaltimento avvenga attraverso la realizzazione di una rete impiantistica integrata nell’ambito territoriale ottimale (ATO).

Tale strategia peraltro non sempre ha funzionato per le frequenti chiusure dei siti ove dovevano essere inviati i rifiuti di Roma, a seguito di decisioni occasionali prese spesso per motivi politici o per proteste sociali locali. Non si è potuto quindi organizzare un servizio continuativo di trasporto e smaltimento dei rifiuti fuori città anche perché le gare di appalto per la scelta degli operatori e dei siti che potevano smaltire i rifiuti di Roma sono andate sempre deserte. Le multiutilities e gli altri operatori hanno preferito smaltire i rifiuti di Roma a singhiozzo ed in stato di emergenza con prezzi più che raddoppiati (superiori a 250 euro/ton) piuttosto che con regolari contratti pluriennali.

Roma, 9 maggio 2017   (Vincenzo Livieri – LaPresse)

Il fatto nuovo, dopo tanti anni di cattiva informazione e gestione, è che il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, insieme alla sua maggioranza politica, abbia finalmente cambiato idea e compreso che l’unica alternativa sensata per Roma è quella di installare un inceneritore da 600 mila tonnellate annue, con un investimento previsto di circa 700 milioni di euro, ed una discarica di servizio da 60 mila tonnellate annue, oltre a quella di potenziare la RD, in particolare quella relativa alla frazione organica per la quale sono necessari impianti di digestione anaerobica.

Ma, come prevedibile, il solo annuncio ha messo in moto quella poderosa “Macchina del No” che contrappone i soliti e già logori obiettivi elettoralistici e ideologici ad una razionale e risolutiva impostazione gestionale. Non è assolutamente detto che anche questa volta, come tante volte è successo nel passato, questa macchina del No, politicamente trasversale, non riesca a bloccare tutto o che riesca quantomeno ad allungare, sine die, i tempi di realizzazione del progetto proponendo chi sa quali soluzioni alternative miracolistiche.

Mantenere Roma pulita non sembra essere un interesse primario per molti cosiddetti ambientalisti e partiti politici.  Una situazione di stallo sarebbe per Roma una vera sciagura.

In termini numerici la situazione attuale, riferita all’anno 2019 (dati ARPA Lazio), vede a Roma una produzione media giornaliera di rifiuti urbani pari a circa 4600 tonnellate al giorno, una raccolta differenziata di 2100 ton/g (45,6%) e un rifiuto indifferenziato conseguentemente pari a 2500 ton/g.

Sulla base dei pochi dati operativi a disposizione, si può dedurre che attualmente il rifiuto indifferenziato prodotto è in parte inviato negli impianti TMB disponibili per una quantità pari a circa 1900 ton/g nei quali viene separata una frazione combustibile (CDR/CSS) da inviare essenzialmente in vari inceneritori (circa 1100 ton/g) ed una frazione organica stabilizzata (FOS) da smaltire in varie discariche (circa 800 ton/g). La differenza tra il totale rifiuto indifferenziato (2500 ton/g) e quello trattato negli impianti TMB (1900 ton/g) pari a 600 ton/g costituisce il surplus di indifferenziato non trattato anch’esso inviato fuori dal territorio comunale. A ciò va aggiunto lo scarto proveniente dal sistema globale della RD e impianti di valorizzazione che può essere stimato in 400 ton/g.

In estrema sintesi, tutti i rifiuti indifferenziati prodotti nel comune di Roma, sia quelli inviati agli impianti TMB sia quelli non trattati (surplus), più i vari scarti di trattamento vengono totalmente smaltiti all’esterno per mancanza di una struttura stabile di impianti di smaltimento (discariche e inceneritori).

Gli obiettivi previsti dalla UE e recepiti dall’Italia sono quelli di arrivare ad una RD del 55 % in peso rispetto al totale dei rifiuti urbani prodotti entro il 2025, 60% entro il 2030 e del 65% entro il 2035, con uno smaltimento in discarica massimo del 10% in peso dal 2035. Sono degli obiettivi assai restrittivi perché riferiti all’effettivo recupero di materia immessa nel mercato al netto degli scarti e delle perdite totali. E’ stato stimato che per raggiungere il valore finale del 65% imposto dall’UE sia necessario spingersi all’80-85% di RD su strada.

Nella tabella che segue sono riportate le quantità dei flussi in gioco, nel rispetto degli obiettivi UE, considerando una produzione costante negli anni dei rifiuti urbani prodotti (la tendenza è invece di crescita).

ANNO

RIFER.

TOTALE RIFIUTI

PRODOTTI

 

ton/g

RACCOLTA

DIFFERENZIATA

 

% peso

RIFIUTO RACCOLTA

DIFFERENZIATA

ton/g

RIFIUTO

INDIFFERENZIATO

 

ton/g

RIFIUTO INDIFFERENZIATO

 

ton/a

2019 4600 46,5 2100 2500 912500
2025 4600 55 2530 2070 755550
2030 4600 60 2760 1840 671600
2035 4600 65 2990 1610 587650

Copenaghen, inceneritore dei rifiuti urbani

Dalla tabella si può dedurre che la taglia dell’inceneritore proposta dal comune di Roma, pari a 600.000 tonnellate annue, sembra centrata su quanto previsto dalla UE al 2035.

Il comune di Roma dovrebbe circostanziare il bilancio di massa del ciclo totale sulla base degli scenari connessi alle possibili scelte gestionali e tecnologiche. Scelte legate, ad esempio, al fatto se vengano o meno utilizzati totalmente gli impianti di pretrattamento (TMB), se l’inceneritore verrà autorizzato per il trattamento dei rifiuti indifferenziati tal quali, se vengano, ed in che misura, utilizzati per l’inceneritore sistemi spinti di recupero e riciclo delle scorie, delle ceneri e dei rifiuti di trattamento fumi (che nell’insieme rappresentano circa il 25% in peso dei rifiuti inceneriti, dei quali circa il 75% non pericolosi e 25% pericolosi), se la FOS prodotta negli impianti TMB (circa il 42% dei rifiuti indifferenziati trattati) verrà destinata a discarica oppure inviata ad incenerimento. Queste scelte sono alla base per la determinazione della taglia effettiva dell’inceneritore e della sua tecnologia nonché della capacità della discarica di servizio che in ogni caso va prevista.

Le problematiche di Roma purtroppo non si esauriscono considerando solo i rifiuti indifferenziati. Lo stesso problema di cassonetti stracolmi e sacchetti riversati per terra esiste molto spesso anche per i rifiuti oggetto della raccolta differenziata, soprattutto per carta, cartone, multimateriale (plastica, lattine, ecc.), organico. Appare evidente quindi che grosse limitazioni esistono anche per il ciclo di gestione dei materiali proveniente dalla RD (in termini di raccolta su strada, impianti di trattamento e selezione, impianti di valorizzazione e di gestione degli scarti), nonostante la RD a Roma sia poco oltre il 40%.

Si possono così sintetizzare le motivazioni che rendono indispensabile la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti a Roma attraverso l’installazione di un inceneritore e di una discarica di servizio:

  1. La RD al 65% per il 2035, nelle modalità di calcolo fissate dalla UE, è un valore limite che difficilmente può essere superato a Roma.
  2. Con tale valore di RD i rifiuti indifferenziati ammonterebbero a circa 590 mila tonnellate per anno (vedi tabella).
  3. I rifiuti indifferenziati che non possono essere riciclati, per loro stessa natura, possono essere utilmente recuperati per via termica invece di essere smaltiti in discarica.
  4. Dove è stato installato un inceneritore spesso si sono raggiunte anche elevate percentuali di RD e riciclo delle scorie con ridotto utilizzo dello smaltimento in discarica.
  5. Tecnologie di recupero termico, alternative agli inceneritori, possono essere considerate la pirolisi e la gassificazione. Queste due tecnologie tuttavia non hanno ancora confermato la loro maturità tecnologica e ambientale su taglie di impianti industriali. In realtà nel 2009 un gassificatore da 190 mila tonnellate/anno era stato già costruito a Malagrotta, con fondi privati, ma l’impianto, anche per forti pressioni politiche e sociali, non ha avuto il permesso di effettuare le prove sperimentali su una delle tre linee già pronta per l’esercizio. E’ stata un’occasione persa perché l’esercizio sperimentale avrebbe permesso alla comunità scientifica di poter valutare una tecnologia che presenta indubbi vantaggi da un punto di vista ambientale ed energetico, come quello di poter recuperare materia dal syngas prodotto, in particolare idrogeno e/o carburanti sintetici, in linea con i principi dell’economia circolare. Altre tecnologie sono state proposte ultimamente come alternative agli inceneritori come la Flameless Combustion (combustione senza fiamma) e la Oxy Combustion (combustione con ossigeno); entrambe le tecnologie risultano ancora in fase di sviluppo e non ancora mature su scala industriale per il trattamento dei rifiuti urbani. Evidentemente chi propone tali tecnologie innovative non riesce a tener conto che esiste una sostanziale differenza tra tecnologie in fase di sviluppo e tecnologie mature. Per i tempi ristretti necessari a Roma non sono più conciliabili adozioni di nuove tecnologie che seppure interessanti richiederebbero ancora diversi anni per una loro completa validazione.
  6. L’unica tecnologia termochimica matura che ha dimostrato nel tempo un’affidabilità tecnologica, ambientale ed economica è l’incenerimento.
  7. Gli attuali inceneritori, qualora vengano progettati con i criteri previsti dalle cosiddette BAT (Best Available Techniques), utilizzano soluzioni tecnologiche innovative e molto efficaci che hanno ridotto fortemente gli impatti ambientali: i residui (scorie, ceneri, residui trattamento fumi) possono essere in larga parte trattati e riciclati (in alcuni Paesi si arriva a valori di riciclaggio superiori al 90%) riducendo così lo smaltimento in discarica; le emissioni in atmosfera sono più restrittive, rispetto ai limiti di legge, grazie all’adozione di sistemi molto efficienti di abbattimento; limiti di legge che via via sono stati sempre più stringenti per le emissioni in atmosfera degli inceneritori rispetto ai limiti applicati agli altri settori produttivi; il rendimento termico ed elettrico è sensibilmente aumentato. Resta comunque il fatto concreto che le emissioni in atmosfera contengono una quantità di CO2 in relazione alla presenza di carbonio nei rifiuti che tuttavia è in gran parte compensata dalle mancate emissioni che sarebbero prodotte se fossero utilizzati combustibili fossili per produrre la medesima quantità di energia. L’incenerimento è infatti considerato un impianto IAFR (Impianto Alimentata da Fonti Rinnovabili) seppure per la sola presenza di rifiuti biodegradabili nei rifiuti ed è infatti incentivato dal GSE con gli ex Certificati Verdi.
  8. Potenziali problematiche ambientali possono derivare da una non corretta gestione ordinaria degli inceneritori e dei sistemi connessi (ad esempio, inadeguata movimentazione e stoccaggio dei rifiuti, controllo non efficace delle emissioni odorigene e delle altre emissioni verso le matrici ambientali, inserimento ambientale e paesaggistico poco accurato nella fase di gestione operativa). Problematiche che possono essere tuttavia evitate attraverso una buona progettazione dei sistemi di mitigazione e attraverso una rigida gestione operativa dell’impianto e dei sistemi ausiliari. Esempi di buona progettazione e di una elevata integrazione con l’ambiente circostante sono oramai diffusi in Europa e nel mondo, come l’inceneritore di Copenaghen.
  9. Il recupero energetico assume un ruolo non secondario. Si può ottenere dai rifiuti sia calore che energia elettrica. In generale si possono ottenere 0,4-0,9 MWh di elettricità per tonnellata di rifiuti inceneriti in relazione alla qualità e al potere calorifico inferiore del rifiuto trattato, alla taglia dell’impianto ed alla tecnologia utilizzata. Considerando la combustione di 600 mila tonnellate per anno, la produzione di energia potrebbe variare, a seconda delle scelte tecnologiche e gestionali che verranno adottate, da 240 a 540 GWh. Considerando un consumo medio per una famiglia di 3-4 persone pari a 2500 KWh/ per anno, con l’energia prodotta dall’inceneritore si potrebbero sostenere i consumi di 100.000 – 220.000 famiglie, a cui corrisponde una spesa in bolletta, considerando un costo attuale di 0,4 euro/kWh, da 90 a 216 milioni di euro per anno. Un risultato di tutto rilievo.
  10. Considerando l’ammortamento annuale della spesa di impianto insieme ai costi di esercizio annuali ed i ricavi dell’energia netta prodotta, si può stimare un costo di 100-150 euro a tonnellata di rifiuti trattato con l’inceneritore; costo sensibilmente inferiore al costo di picco, pari a 250 euro a tonnellata, speso attualmente per inviare i rifiuti a smaltimento fuori regione. Un risparmio che porterebbe ad avere una disponibilità finanziaria di 70-100 milioni di euro per anno che potrebbero essere utilizzati per incrementare la RD, ridurre la TARI ed in ogni caso per rendere Roma più pulita e vivibile.

Oltre alle valutazioni tecniche suesposte, un’ultima considerazione generale è d’obbligo. I cittadini di Roma non possono e non vogliono più continuare così, sommersi dai rifiuti e dal degrado diffuso, con topi , cinghiali e gabbiani che giorno e notte rovistano tra i sacchetti di plastica pieni di rifiuti sparsi sulle strade di Roma, in cerca di cibo e ormai incuranti della presenza degli uomini. E’ ormai un problema di sanità pubblica. Senza considerare che gli stessi cittadini devono subire la beffa di dover pagare una Tari tra le più alte d’Italia, se non la più alta.

Tutto ciò avviene con irresponsabile menefreghismo della classe politica e dirigente, ormai aggrappata a soli scopi elettoralistici e di autosussistenza, puntellata da un ambientalismo integralista che, pur di sostenere i propri obiettivi ideologici, non vuole vedere ed analizzare razionalmente le situazioni di vera emergenza ambientale.

I romani sono preoccupati, amareggiati ma anche pieni di malumore.

Tommaso Piccinno – comitato scientifico Ambientalisti Liberal

 

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Antonio

TMB… FOS… CRD… Purtroppo non tutti siamo specialisti.
Cosa significano questi acronimi?